Pulsate et aperietur vobis

Posted on 21/10/2022 in amarcord

Correva l'anno... boh. 1988? Servizio civile, accompagnavo un ragazzo a fare terapia presso la piscina "Costoli" a Campo di Marte. In base a un qualche accordo di cui probabilmente non ho mai saputo i dettagli, entravamo mezz'ora o anche un'ora prima dell'apertura regolare, così si stava lì un'oretta e ce ne andavamo prima che arrivassero i borghesi, che ogni tanto - capre maledette - bubavano all'idea di immergersi nella stessa acqua dove aveva (gasp!) nuotato un infelice.

All'epoca - poi oggi non so - tutto intorno c'era una cancellata di acciaio, e un pezzo di questa cancellata si poteva sollevare e girare per entrare.

Per farlo, servivano da due a tre bagnini, e la cosa avrebbe dovuto funzionare benissimo perché i bagnini di turno erano appunto tre.

Ma a questo punto capitava questa cosa strana: benché il trio lescano montasse in servizio - o così avevo capito io - facciamo conto, alle otto (per preparare ogni cosa per l'apertura delle nove), quando come da accordi con il Comune alle otto o poco più arrivavamo noi, di bagnini ce n'era, quando c'era, uno solo, a turno (mi disse poi qualcuno, non so però se fosse vero eh, che quell'uno timbrasse per tutti).

Sicché per cinque o sei volte si dovette aspettare che arrivasse il soccorso nerboruto a sollevare la cancellata, entrammo in ritardo e di lì a mezz'ora trovammo (non sempre, ma quasi) il buon padre di famiglia che si indinniava perché a dieci metri magari dal pargolo c'erano un povirazzo che nuotava in salvagente, con opzionalmente accanto me che fissavo padre e figlio con aria sfavata (ma questo è ancora nulla, rispetto al fattaccio con la suora e il regazzino di Chernobyl quando ancora ci lasciavano venire in orario di apertura).

La sesta o settima volta ce ne partimmo da casa verso un quarto alle otto come sempre, e in macchina purtroppo questo ragazzo, senza cattiveria, inizia a fomentarmi. "Vedrai si trova chiuso" dice ridendo. "Sarà invece una santissima cosa ch'io trovi aperto, imperocché al solo pensiero ratta mi corre la mano all'alabarda" mugugno io.

Ore 8:02, s'arriva al dunque. Cancellata chiusa. Arrivato già con la caldaia in pressione, e rivolto un mèmore pensiero alla divinità egizia più appropriata, mi attacco al cancello e bercio "Ehi, c'è qualcuno?!?" con quanto fiato ho in gola. Silenzio.

Ore 08:05, dopo aver passeggiato su e giù un paio di volte e berciato di nuovo come un ossesso, prendo una decisione particolarmente stupida. "Non c'è il lucchetto: e, porco mondo, o quanto mai peserà, questa cancellata del menga? La sollevano agili in due [non era vero], con un po' di impegno posso sollevarla anch'io."

Ore 08:07, afferro la cancellata. E' veramente parecchio pesante. Mi imposto come meglio posso, e mi rendo conto che ormai sono in ballo, e non me la sento di arrendermi, costi quello che costi. Quindi -- sollevo.

La cancellata non si smuove di un ètte né al primo, né al secondo, né al terzo tentativo.

Ora, la «renitenza da parte di materia inanimata» rientra nella categoria che mio padre chiamava "la malignità delle cose", che è una delle poche (?) cose che mi fanno perdere il self-control.

Conto lentamente fino a dieci e mi dico, "Okay. Manteniamo la calma... cosa farebbe, adesso, al mio posto, il professor Bruce Banner?"

Ore 08:08: la cancellata esce dal foro, si solleva, inizia a ruotare, mi sbilancio, ne perdo il controllo, e non mi viene di meglio che raddrizzarmi con un (ennesimo) urlo belluino, mandando un quintale (?) di segmento di cancellata a schiantarsi contro la siepe.

Ore 08:12: sto contemplando la possibilità di essermi fatto fisicamente del male serio, perché ho problemi di equilibrio, di messa a fuoco, di visione in genere, la schiena mi fa un male boja, mi fischiano le orecchie, sono in tachicardia e mi manca l'aria. Però, scorre potente in me il patriarcato tossico, quindi raddrizzo la schiena e faccio finta di niente, mi guardo intorno con aria di sfida fingendo di non stare ansimando come un mantice sfiatato, e -- o non ti becco la bagnina che sta accorrendo?

A questo punto, l'idea era di dire pacatamente "Mi scusi, cortese ed inclita signorina: lungi da me l'incomodarla, ma, vede, noi dobbiamo fare terapia, gli accordi erano di lasciare la cancellata aperta, e come si dice, 'pacta sunt servanda': ne conviene?". O suppergiù.

Apro bocca e mi esce solo una specie di gracidio. Inoltre, continuo ad avere problemi respiratori.

Riprovo. "Hahrk. Croak" annaspo.

Faccio pertanto un profondo respiro, e - in modo del tutto involontario, non so neanche se già esercitasse - canalizzo lo spirito di Baffo da Crema; e rosso paonazzo e con gli occhi di fuori com'ero, mi esibisco in un "AVEVO DETTO HHHAAAAGGGGGHHH CHE QUESTA CANCELLATA HHHAAAAAGGGHHH DOVEVA STARE HAAAAAAAGGHHHH APERTA!".

La bagnina svanisce talmente in fretta che si sente il "pop" dello spostamento d'aria.

Comunque, la via è libera, e ci incamminiamo verso gli spogliatoi, e non so chi dei due sorreggesse quell'altro.

Dal lato positivo, una volta passato il mal di schiena con abbondanti spalmature di Voltaren (o qualunque cosa ci fosse a quei tempi), effettivamente la cancellata non la trovammo chiusa mai più.