Sputa il rospo

Posted on 01/01/2022 in amarcord

C'è stato, nella mia vita, un lungo periodo in cui non avevo nitida la differenza fra pensiero e azione: nel senso che mi veniva un'idea, e subito la mettevo in atto senza star tanto a pensare a quisquilie come conseguenze civili, penali, danni collaterali eccetera. Secondo vari critici, quel periodo durerebbe tuttora. C'è stato anche un lungo periodo - e quello, senz'altro dura tuttora - in cui certi atteggiamenti, frasi, toni di voce, gesti, che mi dicono la gente normale troverebbe tutt'al più seccanti, irritanti... be', mi riducono la soglia d'intervento a zero.

(Tutti c'abbiamo le nostre ubbìe; c'era questo nostro amico, Gianni, un tipo a postissimo, ma oh, quando gli si dava la mano nel modo sbagliato... ma non è una storia mia).

E così capitò che un'estate, nel solito ridente paesello sulla costa toscana che cerco di nominare poco per prudenza, incontrai questa ragazza - Benedetta - che come dicono gli americani mi "spingeva tutti i pulsanti". Sfortunatamente, nel suo caso erano tutti i pulsanti sbagliati. Intanto era - almeno a parole - la più perbene delle Figlie di Maria; e così ci fu un non tanto piccolo screzio perché una sera, a un falò sulla spiaggia, dopo qualche birra, m'ero esibito a recitare a memoria con suo grande scandalo il primo atto de "Ifigonia in Culide" - interrotto perché questa mancò poco si producesse in un rosario di riparazione. Azzardo, in retrospettiva e pensando male - che Dio mi perdoni - che il coro delle vergini dai candidi manti, "rotte di dietro, ma sane davanti", avesse forse colpito un po' troppo vicino al bersaglio.

La cosa grave però è che parlava e si esprimeva come se le avessero aperto la calotta cranica e vomitato nel vuoto sottostante un frullato delle peggiori fogne editoriali della Creazione: dal gergo simil-paninaro che all'epoca usava, ad una sorta di NLP ante litteram, insomma era raro che aprisse bocca e io non calcolassi mentalmente il cumulo pena per omicidio aggravato... domandandomi se, tuttavia, non potesse in fondo valerne la pena.

Lo so, non è una cosa razionale. Come toscano ero già abituato a tradurre mentalmente, che so, in "guarda!" una mezza dozzina di termini a casaccio come "bada", "o veh", "va'", senza problemi; eppure, che posso dire, aggiungere al mini-dizionario termini come "luma" mi mandava ai matti.

Una delle cose che più di tutte mi causavano un nodo savoia al duodeno era un suo caratteristico saluto piacione, fortunatamente mai più sentito da allora (forse (i miei ricordi sono confusi) qualcuno mi disse venire dall'unico numero dell'infame rivista "Sfitty" - giuro che è esistita - scampato al giusto rogo della Santa Inquisizione).

Costei, anziché dirmi "Ciao", "Uehi", "Daje", "Come butta?", "Bella zio" (che a quei tempi non usava, e meglio così), o al limite, guarda, sì: sentite cosa mi tocca dire; avrei preferito pure un "A noi!"... no: aveva a dire, "Sputa il rospo!", così, di botto, senza senso. Come se poi avessi dei rospi da sputare. Come se fossero fatti suoi poi. Ma pensa te anche se sarei mai andato a dire qualcosa a lei, così il giorno dopo lo sapevano anche i polpi a Talamone.

Ripensandoci, boh, chi sa... forse, percepiva lo spirito di Chernobog che mi si ridestava ogni volta che la vedevo iniziare ad aprire bocca. Forse, davvero s'aspettava che aprissi bocca e uscissero pipistrelli, serpenti, fiele e rospi, come nei processi alle streghe di Fié allo Sciliar.

Ma il fatto è che c'era un amico mio che la puntava da parecchio tempo (de gustibus; ma voci di popolo mi dissero che riuscì pure a quagliare, confermando ciò che si dice delle Figlie di Maria), e perciò per il nostro codice d'onore l'unica mia alternativa era stare alla larga, perché essa mi era intoccabile.

...o quasi.

Perché quando per pigrizia non riportavo il windsurf a casa il pomeriggio, e lo lasciavo appoggiato vicino alle cabine, la mattina dopo, andando per riarmarlo (ecco: qui dove potete cominciare a pensare "non c'è versi! E' una balla! Nessuno, mai, si sognerebbe nemmeno...!"), non so perché, ma regolarmente ci trovavo dietro uno o due rospotti belli pinzi e pasciuti, che si davano goffamente e inefficacemente alla fuga.

E una di quelle mattine, sul presto, mentre stavo spostando il mio glorioso X15 MaxinMare, vidi in distanza arrivare il gruppetto di figliole, e l'occhio mi si illuminò maligno dell'esatta idea che vi state immaginando (lo so. E' la stessa scena della firma del prof. Liberatore sul libretto. Manfatti, se ci fate caso, anch'io sono sempre lo stesso bischero).

E così fùe che quando la Béne arrivò alle "Nazioni", e con altre due o tre amichette sue mi incocciò nel piazzaletto intimandomi, come sempre, di sputare il rospo, quella volta sorrisi e feci esattamente quel che mi era stato richiesto.

Tengo a precisare che il rospo non manifestò alcun disagio, e si dileguò prontamente fra i pitosfori; anche se è possibile che sia poi morto di vaiolo.

La reazione del gruppo fu soddisfacentemente abnorme e isterica, anche se quando la cosa venne all'orecchio della mi' nonna, apriti Cielo; e per il resto dell'estate rimasi "persona non grata" al Pino Marittimo e al residence "La Conchiglia", peggiorando senz'altro la situazione diplomatica, quando accolsi l'annuncio della sanzione commentando "Vabbeh... suppongo che dovrò inghiottire il rospo".

(Quelli che c'erano, e che scelsero di credere che fosse stato un abile trucco da prestigiatore - con me che atteggiavo la bocca gonfia e fingevo di sputare qualcosa celando la sympatica bestiola in mano - hanno facoltà di continuare a credere che sia andata così. In caso di denunce all'ENPA, del resto, questa sarà anche la mia versione).